16 giugno 2016

11 giugno - Licony Trail (24K)

Commentare un trail in cui ho beccato 50 minuti da un tale Mastrota Giorgio, di sicuro non assurto alle cronache per le sue doti di trailer, è demotivante, ma facciamo anche ‘sto bagno di umiltà.

Pioggia poi sole, poi ancora pioggia a Morgex. Vorrei smettere di parlare del meteo quando scrivo delle mie gare, ma quest’anno va così. Giacca si, giacca no, pinocchietto si pinocchietto no. Alla fine parto bardato da palombaro e sulla prima rampa devo improvvisarmi strip-teaseuse in movimento per godere dei primi raggi di sole… no delle gocce d’acqua … beh insomma deciditi Giove Pluvio! Tutto ciò mentre cerco con la mano libera di dare più cinque possibili alle due ali di bimbi forniti di campanaccio che fanno da corona a questo meraviglioso paesaggio.


Non che l’abbigliamento faccia molta differenza. La salita verso l’alpe Licony è tosta e la faccio in trance agonistico, con il risultato di essere già “spantegato” (grazie Michele, adesso che ho provato sulla mia pelle il termine posso ammettere che rende bene l’idea) nel punto più duro dell’ascesa. Mi fermo per riprendere fiato e soprattutto tranquillizzare quello davanti a me che dal tanto ansimare che faccio continua a voltarsi per vedere se schiatto. Abbiamo attraversato un canalone tutto attrezzato da salire a 4 zampe. Fortuna che passa l’elicottero per delle riprese a bassa quota. Mi fermo ancora un po’ e gesticolo vistosamente in direzione del velivolo per sincerare gli occupanti che tutto è a posto (no dai scherzo). La pendenza ora diventa più consona alle mie possibilità: è una pace per gli occhi e i polmoni. I campanacci di tre tifosi tre, che fanno casino come fossero il migliaio di fan del Ghedina in trasferta, mi guidano verso le ultime rampe prima dello scollinamento, che però non arriva mai. Tiro il fiato e giù a punciòt. Il ristoro del nono km all’alpe Licony cade a fagiolo. Pieno di libagioni che lascio sul piatto, mi consento solo una fetta di salamino. Poi la discesa su strada forestale e lungo un traverso in mezzo al bosco che fa volare tanto è piacevole calpestarlo. Difficile concentrarsi sulla gara dato il contesto in cui sto correndo. Il ristoro di Planaval al 15esimo arriva da sé. Rinfrancato dalla bresaola locale riprendo slancio, superando i soliti cadaveri (no, no, questa volta non guardate me). Qui veramente il sentiero è morbidissimo, trapuntato da aghi di pino che mi ci fermerei a fare una pennica.

Ormai alle viste di Morgex c’è tempo per l’ultima salita breve, ma tosta. Poi il caldo di mediodìa spegne i pensieri e anche le forze. L’ultima corsettina è per superare le scope della lunga, qualora valesse qualcosa. L’esaltazione di ricevere quale omaggio per il finisher una caraffa da riempire (uno dei tanti meriti di questa organizzazione) va a farsi benedire appena mi giunge notizia che il suddetto GM è arrivato con largo anticipo rispetto al tenutario di questo blog.

La crisi di mezza età esiste solo per il Tapabada?


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